Oggi ho saputo della scomparsa di Maria Grazia Fiore, che ora vi cito principalmente come autrice del blog Speculum Maius, ma in realtà nella vita ha fatto tante cose belle e utili, come esperta, come formatrice, come insegnante e come mamma con una bellissima famiglia. L’ho incontrata nel mio percorso su accessibilità e inclusione e mi ha lasciato in eredità uno sguardo esigente e gentile: esigente verso i sistemi che escludono, gentile verso le persone che li subiscono.
Maria Grazia univa rigore, ironia e cura delle parole. Sapeva smontare i tecnicismi vuoti, ricordandoci che l’accessibilità non è una “funzione” ma una responsabilità quotidiana: progettare perché ognuno possa partecipare, senza ostacoli inutili, nella scuola come sul web e negli spazi pubblici.
Continuare a leggere e far conoscere Speculum Maius è un modo per non perdere la rotta. Il resto tocca a noi: mettere in pratica ciò che ci ha insegnato, ogni giorno, nei dettagli che fanno la differenza.
Grazie, Maria Grazia. Che la terra ti sia lieve.
Dato che ultimamente hai dedicato qualche post all’IA, mi sembra giusto in questa sede partire proprio da ciò che hai scritto pochi giorni fa, in un post accattivante quanto provocatorio, dal titolo “Conversazioni su divani pixellati”, di cui riporto il link (Conversazioni su divani pixellati* | Speculum Maius) e la citazione dell’incipit:
Questo è un testo scritto a quattro mani con GPT-5 in un dominio sematico-relazionale specifico denominato “lo Studiolo” in cui ci si confronta etnograficamente sull’interazione umano-sistema (?)
Tradotto: è il luogo in cui io e GPT discutiamo sul rapporto umana-sistema.
Il mio prompt è stato: “Certo che io vi immagino voi chatgpt sparse per il mondo che vi prendete il caffè stravaccate sul vostro divano pixellato, mentre vi scambiate opinioni (non vi vedo ad accalorarvi) ben ponderate sulle follie che vi tocca fare per noi umani. Per tacere di quante cose inutili vi chiediamo :)”
Una parola tira l’altra e questo è il risultato (redatto dall’umana) ….
Mentre lavoravo su Google Docs, ho scoperto un piccolo baco nella traduzione italiana: nel conteggio parole, “Personaggi” invece di “Caratteri”! 😅 Un lapsus digitale degno di nota… o forse un omaggio involontario al teatro e alla letteratura? 🎭
Non sono riuscita a trovare alcuna discussione pubblica evidente — nei forum, blog o community di supporto — che segnali esplicitamente questo termine “Personaggi” al posto di “Caratteri” nel conteggio parole di Google Docs in italiano. Ho verificato che accade anche a mio figlio, seduto dall’altra parte della scrivania a cui lavoro.
Direi quindi che c’è un errore nella localizzazione, che vedrò di segnalare prontamente.
Però da un certo punto di vista questa cosuccia direi che mi ha fatto anche piacere e mi ha strappato un sorriso e qualche riflessione, che qui vi riporto.
Penso che sia evidente a tutti che il lapsus digitale nasce da un classico falso amico: in inglese, character può significare sia “carattere tipografico” sia “personaggio di una storia”. Evidentemente, l’algoritmo (o chi lo ha addestrato) ha scelto la seconda accezione — trasformando i caratteri del testo in protagonisti inconsapevoli di un errore linguistico!
Un dettaglio da nulla, certo, ma anche un promemoria prezioso: le parole contano, sempre. Anche nel codice di un’interfaccia. E la traduzione automatica, per quanto sofisticata, continua ad avere bisogno di un tocco umano per non smarrire il senso delle cose.