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Una newsletter e un piccolo bottino

Cari lettori,

Oggi mi sono dedicata all’esplorazione di una newsletter a cui mi sono abbonata da un po’, ma che nei mesi scorsi non ero riuscita a leggere con la dovuta concentrazione. Si tratta di una vera miniera di riflessioni utili e pertanto inizio subito con il rimando al suo autore e al link per iscrivervi, se siete interessati ad un approfondimento in lingua inglese.

La newsletter si intitola “Educating AI” e l’autore è Nick Potkalitsky, che si presenta come un formatore innovativo che sviluppa metodi e approcci didattici sensibili all’intelligenza artificiale per le scuole di oggi.

Lo potete trovare, qui, sulla piattaforma Substack: https://substack.com/@nickpotkalitsky

Nel suo ultimo post, che si intitola “Navigating New Frontiers: The Intersection of AI and Innovative Assessment Strategies”, Nick intervista Nathan Shields, insegnante di Sociologia dell’Ohio.

Secondo Nathan, gli insegnanti possono utilizzare l’intelligenza artificiale (AI) in aula per:

  1. Aiutare gli studenti a trovare informazioni rapidamente, senza dipendere dalle strategie di “ricerca intelligente” utilizzate nei motori di ricerca ordinari.
  2. Creare momenti didattici per la verifica delle informazioni, evidenziando i limiti dell’AI generativa nell’offrire informazioni accurate.
  3. Creare schemi per compiti, domande e attività quando sono a corto di idee. La “toolbox” dell’AI generativa e la vasta biblioteca di documenti di formazione offrono un modo più efficiente per produrre attività e risorse educative semplici e, con la modifica, complesse.
  4. Fornire un feedback di base sui lavori scritti digitalmente degli studenti per accelerare il processo di feedback, se necessario. Tuttavia, questo non è considerato un uso altamente efficace o credibile dell’AI generativa.

D’altro canto, gli insegnanti che temono la copiatura da parte degli studenti possono rispondere all’AI:

  1. Essendo aperti su come gli strumenti AI potrebbero beneficiare i loro studenti.
  2. Raccogliendo campioni di scrittura dagli studenti regolarmente, separati dalla digitazione digitale, o come parte di un esercizio di “digitazione dal vivo”. In questo modo, si ha abbastanza informazioni di base per sapere se un significativo miglioramento nella capacità di scrittura in inglese dovrebbe essere sospetto o meno.
  3. Usandola loro stessi in modi professionali e per uso personale.
  4. Chiedendo ai loro dirigenti formazione professionale sugli strumenti AI.
  5. Essendo chiari e diretti con gli studenti su quali compiti possono o non possono, dovrebbero o non dovrebbero utilizzare strumenti di generazione AI, e fornire ragioni autentiche che si collegano agli obiettivi pedagogici.

Inoltre, l’articolo discute l’uso di compiti e valutazioni “resistenti all’AI”, come chiedere agli studenti di trovare immagini, citarle e poi spiegare perché dettagli specifici di queste immagini si riferiscono a un termine del vocabolario, modificando il modello di acquisizione del vocabolario di Frayer.

Si suggerisce inoltre di aumentare la profondità e la complessità dei compiti, senza necessariamente aumentarne la lunghezza, di fornire agli studenti vari metodi alternativi per consegnare i prodotti del lavoro oltre al saggio tradizionale, e di aspettarsi che i compiti si basino l’uno sull’altro o si colleghino tra loro nel corso di un trimestre, rendendo più difficile per l’AI generativa produrre lavori pertinenti.

Questi primi suggerimenti di partenza mi sembrano già un bel malloppo su cui interrogarsi e cominciare a lavorare. In verità, su qualcosa ho già fatto esperimenti, ma ve li racconterò in un prossimo post.

Alla prossima puntata,

Federica

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